Arduino
2018-11-17 23:31:02 UTC
Ogni sistema contiene in sé i germi che ne creano la dissoluzione.
nel feudalesimo questo germe fu la eccessiva forza dei feudatari
rispetto all'imperatore o ai re.
Nel sistema feudale, il potere centrale, non era un collettore di
tasse, non aveva un suo esercito, una polizia, il potere era delegato
ai vassalli, conti che controllavano territori di solito equivalenti a
una nostra provincia, e i marchesi che controllavano una regione, di
solito al confine.
Il modo che l'imperatore aveva di farsi obbedire, erano il potere di
revocare il feudo, o revocarlo quando dal padre avrebbe dovuto passare
al figlio.
In sostanza, se un feudatario non inviava i soldati che aveva in
obbligo per una guerra, o non applicava le leggi imperiali, poteva
essere rimosso, o più blandamente, poteva essere interrotta la linea
ereditaria.
Senonché, questi poteri divennero ben presto più teorici che pratici, i
feudatari non erano molto docili, se a uno si revocava il feudo, o non
gli si riconosceva l'eredità, normalmente sfidava a duello l'imperatore
(o il re) questi poteva farsi rappresentare, ma se il suo
rappresentante perdeva, c'era una notevole perdita di prestigio, e di
norma bisognava recedere dalla decisione. Inoltre, come abbiamo detto,
Tranne in Francia dove in sostanza il re era un grosso feudatario e
perciò poteva agire con truppe proprie, l'imperatore per far eseguire
una sua risoluzione, doveva affidarsi ad altri feudatari. Perciò se il
ribelle era uno solo e inviso ai vicini, era presto deposto, ma se
aveva amicizie in altri feudi, deporlo era un grosso problema. In tal
modo inevitabilmente il potere di revoca divenne sempre più unicamente
teorico, e i vassalli presero l'abitudine di obbedire quando ne avevano
voglia, specialmente dopo il capitolare di Quierzy, (Carlo il Calvo,
877) che pur non riconoscendo l'ereditarietà dei feudi, di fatto venne
interpretato in questo modo.
tutto andò avanti così, finché a una nuova dinastia di re germanici e
imperatori, venne in mente un escamotage: Nominare conti dei vescovi.
Il sistema esisteva già da Carlo Magno, ma serviva solo a dare un
premio a cappellani di corte. Invece con la dinastia degli Ottoni,
divenne una prassi per scalzare i feudatari. Non occorreva che il
nominato fosse sacerdote, e neppure che fosse celibe. Se sposato con
prole, i figli non entravano nell'asse ereditario del feudo. In teoria
il nuovo vescovo aveva l'obbligo di vivere come fratello e sorella con
la moglie; ma se anche sgarrava, i figli restavano illegittimi. Quindi
l'imperatore si ritrovò a riavere in mano il potere di nominare i
feudatari.
In principio l'usanza fu di dare in feudo solo la città ma poi si passò
all'intera diocesi. Questo sistema ridiede vita alle città. I feudi
minori, valvassori e valvassini, non erano ereditari, perciò man mano
che morivano i titolari il vescovo nominava suoi uomini di fiducia.
Sicché in tal modo il possesso delle terre cominciò a passare agli
abitanti delle città. A peggiorare le cose, molti piccoli feudatari si
trasferirono in città, dove erano più protetti, e meglio potevano
partecipare ai giochi di potere. A un certo punto i cittadini divennero
talmente forti che cominciarono a fare incursioni in campagna a
incendiare i castelli e obbligare i piccoli feudatari a trasferirsi in
città. La vita cittadina richiedeva lusso, e gli affitti divennero più
gravosi.
L'imperatore cercò di rimediare con la constitutio de feudis del 1032,
che rendeva ereditari anche i feudi minori, ma ormai era tardi.
Come se non bastasse, la Chiesa si ribellò al'imposizione imperiale, in
primo luogo fu inasprita la regola del celibato, in modo che non si
potesse più nominare chiunque, poi scoppiò la lotta per le investiture,
che si concluse con il concordato di Worms nel 1083, che praticamente
concedendo all'imperatore solo il diritto di nominare conti i vescovi
nominati da Papa, vanificò il sistema.
Ma ormai era tardi, la città aveva ripreso il controllo della campagna.
Alcuni imperatori, in special modo i due Federico, cercarono di
risollevare le sorti, ma furono sconfitti!
nel feudalesimo questo germe fu la eccessiva forza dei feudatari
rispetto all'imperatore o ai re.
Nel sistema feudale, il potere centrale, non era un collettore di
tasse, non aveva un suo esercito, una polizia, il potere era delegato
ai vassalli, conti che controllavano territori di solito equivalenti a
una nostra provincia, e i marchesi che controllavano una regione, di
solito al confine.
Il modo che l'imperatore aveva di farsi obbedire, erano il potere di
revocare il feudo, o revocarlo quando dal padre avrebbe dovuto passare
al figlio.
In sostanza, se un feudatario non inviava i soldati che aveva in
obbligo per una guerra, o non applicava le leggi imperiali, poteva
essere rimosso, o più blandamente, poteva essere interrotta la linea
ereditaria.
Senonché, questi poteri divennero ben presto più teorici che pratici, i
feudatari non erano molto docili, se a uno si revocava il feudo, o non
gli si riconosceva l'eredità, normalmente sfidava a duello l'imperatore
(o il re) questi poteva farsi rappresentare, ma se il suo
rappresentante perdeva, c'era una notevole perdita di prestigio, e di
norma bisognava recedere dalla decisione. Inoltre, come abbiamo detto,
Tranne in Francia dove in sostanza il re era un grosso feudatario e
perciò poteva agire con truppe proprie, l'imperatore per far eseguire
una sua risoluzione, doveva affidarsi ad altri feudatari. Perciò se il
ribelle era uno solo e inviso ai vicini, era presto deposto, ma se
aveva amicizie in altri feudi, deporlo era un grosso problema. In tal
modo inevitabilmente il potere di revoca divenne sempre più unicamente
teorico, e i vassalli presero l'abitudine di obbedire quando ne avevano
voglia, specialmente dopo il capitolare di Quierzy, (Carlo il Calvo,
877) che pur non riconoscendo l'ereditarietà dei feudi, di fatto venne
interpretato in questo modo.
tutto andò avanti così, finché a una nuova dinastia di re germanici e
imperatori, venne in mente un escamotage: Nominare conti dei vescovi.
Il sistema esisteva già da Carlo Magno, ma serviva solo a dare un
premio a cappellani di corte. Invece con la dinastia degli Ottoni,
divenne una prassi per scalzare i feudatari. Non occorreva che il
nominato fosse sacerdote, e neppure che fosse celibe. Se sposato con
prole, i figli non entravano nell'asse ereditario del feudo. In teoria
il nuovo vescovo aveva l'obbligo di vivere come fratello e sorella con
la moglie; ma se anche sgarrava, i figli restavano illegittimi. Quindi
l'imperatore si ritrovò a riavere in mano il potere di nominare i
feudatari.
In principio l'usanza fu di dare in feudo solo la città ma poi si passò
all'intera diocesi. Questo sistema ridiede vita alle città. I feudi
minori, valvassori e valvassini, non erano ereditari, perciò man mano
che morivano i titolari il vescovo nominava suoi uomini di fiducia.
Sicché in tal modo il possesso delle terre cominciò a passare agli
abitanti delle città. A peggiorare le cose, molti piccoli feudatari si
trasferirono in città, dove erano più protetti, e meglio potevano
partecipare ai giochi di potere. A un certo punto i cittadini divennero
talmente forti che cominciarono a fare incursioni in campagna a
incendiare i castelli e obbligare i piccoli feudatari a trasferirsi in
città. La vita cittadina richiedeva lusso, e gli affitti divennero più
gravosi.
L'imperatore cercò di rimediare con la constitutio de feudis del 1032,
che rendeva ereditari anche i feudi minori, ma ormai era tardi.
Come se non bastasse, la Chiesa si ribellò al'imposizione imperiale, in
primo luogo fu inasprita la regola del celibato, in modo che non si
potesse più nominare chiunque, poi scoppiò la lotta per le investiture,
che si concluse con il concordato di Worms nel 1083, che praticamente
concedendo all'imperatore solo il diritto di nominare conti i vescovi
nominati da Papa, vanificò il sistema.
Ma ormai era tardi, la città aveva ripreso il controllo della campagna.
Alcuni imperatori, in special modo i due Federico, cercarono di
risollevare le sorti, ma furono sconfitti!
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Arduino d'Ivrea
Arduino d'Ivrea