Post by ArduinoPost by LucianoInfine Moro avrebbe dovuto capire che gli ostacoli alla trattativa con le
brigate rosse, e quindi alla sua possibile liberazione, sarebbero venute, ed
effettivamente vennero, dal Partito Comunista e non dalla Democrazia
Cristiana. Il PCI, dopo esser stato accusato ripetutamente di aver
sottovalutato, negato, minimizzato il pericolo del terrorismo di sinistra,
non poteva inaugurare con un cedimento clamoroso la sua nuova stagione di
partito che si preparava a diventare una forza di governo.
La tua analisi è giusta per la parte finale.
Ma in principio, Moro pensava di poter scrivere in modo riservato agli
uomini del suo partito, per questo usò un linguaggio esplicito. Fu colpa
dello scarsissimo acume politico delle brigate rosse (all'epoca, mi
domandavo come potessero esistere simili idioti. Quando sono entrato nei
ng mi sono reso conto che la loro era l'idiozia media del loro ambiente
politico) che rendendo pubblica la sua prima lettera posero un macigno
sulle possibilità di riuscita della trattativa.
Dovresti spiegare meglio questo giudizio. Se mi consenti, ti pongo alcune
domande.
1- Avevano fin dal momento in cui lo rapirono l'intenzione di ucciderlo,
anche se non subito?
2- In caso di risposta negativa alla precedente domanda, che obiettivi si
proponevano con l'eventuale liberazione dell'ostaggio vivo?
Se la risposta alla 1- è SI', non è coerente il giudizio che dai, perché non
avevano interesse a concludere una trattativa. Il massimo che potevano
cercare, prolungando la prigionia e incoraggiando Moro a scrivere lettere su
lettere, poteva essere solo una grande dimostrazione di efficienza e un
forte effetto propagandistico.
Se la risposta alla 1- è NO, dobbiamo chiederci se cercavano un riscatto in
danaro, la liberazione di alcuni loro detenuti, o qualche altra cosa.
Premetto che sono d'accordo con te sullo scarsissimo acume politico delle
brigate rosse. Ma il fatto che maggiormente mi ha spinto verso questa
convinzione è diverso da quello che ha spinto te. Le brigate rosse non si
accorsero che, fra le cose dette da Moro sia pure di sfuggita, c'era la
rivelazione dell'esistenza di Gladio. Propagandisticamente, per loro sarebbe
stato uno scoop straordinario, paragonabile a quello che è stato la casa di
Montecarlo per il Giornale o la festa di Noemi per la Repubblica.
La rispostà SI' alla domanda 1- è stata data dalla maggior parte dei
commentatori politici, ed è stata confermata da un pentito, un certo
Savasta, che ha parlato diversi anni dopo. Ma io non la condivido, per vari
motivi.
Era un comodo alibi per sgravare la coscienza di coloro che avevano
rifiutato la trattativa.
Savasta, come moltissimi pentiti in varie circostanze, ha detto le cose
che intuiva fossero gradite a chi lo interrogava e al pubblico che lo
ascoltava.
Il protrarre la prigionia per due mesi faceva crescere il rischio di
essere scoperti, un rischio in fondo inutile se la decisione di ucciderlo
era stata già presa irrevocabilmente.
Le brigate rosse si presentavano all'opinione pubblica non come
un'organizzazione puramente terroristica capace di fare attentati anche
clamorosi, ma come un gruppo in grado di formulare programmi politici e
ideologici di un certo spessore, e capaci di ribaltare gli orientamenti
politici dei partiti di sinistra. Prima di allora avevano compiuto molti
attentati, dando prova di perizia e determinazione, e l'agguato a Moro era
il più clamoroso; ma successi o ricadute politiche della loro azione non ce
n'erano state. Moro, con le sue lettere, glie le aveva messe in mano.
Liberando Moro, avrebbero potuto sbandierare di fronte a tutta l'Italia il
loro primo successo politico: aver fatto saltare il patto DC-PCI su cui si
era formato il governo Andreotti e l'elezione di Moro alla presidenza della
Repubblica, oltre a tutte le diatribe interne alla DC innescate dalle
lettere di Moro.
La mia convinzione è che le brigate rosse, anche se all'inizio avessero
avuto in mente di uccidere Moro dopo un veloce "processo proletario", si
sono ricredute dopo aver constatato l'effetto dirompente delle lettere, che
sarebbe potuto essere anche maggiore se si fossero accorti, per esempio, di
Gladio. Una prova che potrebbe avvalorare questa mia convinzione è data
dalla confessione di due brigatisti, Morucci e Faranda. Quando il vertice si
riunì per la decisione definitiva sulla sorte di Moro, loro si espressero
per la liberazione, e restarono in minoranza.
Ricordiamo che questa decisione ai voti fu presa quando tutte gli spiragli
di trattativa erano chiusi, e le brigate rosse sapevano di non poter avere
niente in cambio: né danaro, né il riconoscimento politico implicito in una
trattativa, né la liberazione di qualche detenuto della loro banda. Insomma,
al momento della decisione finale, ci furono due brigatisti favorevoli a
liberare Moro in cambio di niente. Evidentemente pensavano che fruttuosi
risultati propagandistici erano stati ottenuti con lettere, e si sarebbero
intensificati con la liberazione.
Per quale motivo la maggioranza dei brigatisti fu contraria? La risposta che
ipotizzo è semplice, e mi pare plausibile. Poco tempo prima avevano rapito
il giudice Sossi, e lo avevano liberato dopo una trattativa che implicava la
liberazione di due brigatisti detenuti, e che però fu frustrata dalla
fermezza del procuratore Coco. Nelle brigate rosse prevalse l'idea che, se
una seconda volta avessero liberato un ostaggio in cambio di niente, le loro
future minacce avrebbero perso credibilità.
Post by ArduinoSi ha pertanto un primo tempo in cui Moro non ha alcuna voglia di divenire
un martire del comunismo, spera di risolvere la faccenda al più presto e
senza danni, per riprendere la sua azione politica, magari rafforzato
dall'involontaria propaganda che gli stavano facendo le brigate rosse.
Poi ad un certo punto deve essersi accorto di essere finito in un vicolo
cieco, e che non esisteva la volontà politica di fare sacrifici per
liberarlo. Allora decide di persistere, cercare di mettere i compagni di
partito con le spalle al muro mettendola in un modo che se fosse morto la
colpa morale sarebbe andata a loro. A quel punto, sicuramente si rendeva
conto di non poter più essere un leader Dc, ma gli sarà subentrata una
voglia di vendetta: partendo dalla corrente morotea, poteva farsi un
partitino e con questo scatenare una lotta selvaggia contro quelli che
volevano lasciarlo morire.
Che Moro abbia pensato questo, forse è possibile. Ma non era un progetto
realistico.
Post by ArduinoPost by LucianoMa mi sembra
che non siano il meglio che un uomo della sua statura poteva dare.
Chi poi ha dato il peggio di sé è stata la famiglia di Moro, durante e
soprattutto dopo. Mi riesce doloroso dirlo, perché hanno subito una prova
terribile, ma ne sono convinto e non posso dire il contrario. Ma questa è
un'altra questione.
Io invece al posto della famiglia Moro mi sarei comportato allo stesso
modo, anzi, avrei dato battaglia in modo più deciso e più "politico"
(magari iniziando la costituzione di un partitino) avendo presente che i
politicanti non agivano per senso dello stato, ma per salvare le poltrone,
primo fra tutti l'imbecille enrico berlinguer, che dopo aver dedicato una
decina di anni al compromesso storico, credeva di essere arrivato
definitivamente nella stanza dei bottoni, senza rendersi conto che morto
Moro vi sarebbe stato cacciato a pedate, come difatti avvenne l'anno dopo.
Che il PCI gestì malissimo, anche dal suo punto di vista, il dopo-Moro, è
evidente, e sono d'accordo. Che la famiglia avrebbe potuto tentare di creare
un partito, è irrealistico. Con chi lo avrebbero fatto? Con Freato e i suoi
amici petrolieri?