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La morte - Mussolini e altri
(troppo vecchio per rispondere)
Luciano
2010-09-26 19:18:38 UTC
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Non so se il mio post sulla morte di Mussolini è piaciuto ai lettori.
Per "piaciuto" intendo una condivisione non dei miei giudizi su Mussolini,
ma del metodo. L'atteggiamento di fronte alla morte, una morte in
circostanze drammatiche, è secondo voi un elemento importante per valutare
la personalità di un uomo?
Perché faccio questa domanda? Sono stato tentato di scrivere un post su Aldo
Moro seguendo la falsariga di quello su Mussolini, cioè cercando di valutare
il meglio o il peggio di sé emerso in lui.
Ci sto riflettendo, e in questo momento non sono sicuro se ne sarò capace.
Intanto mi farebbe piacere se qualcuno cominciasse a parlarne, dandomi
qualche spunto.
Grazie
Arduino
2010-09-27 17:34:53 UTC
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Post by Luciano
Non so se il mio post sulla morte di Mussolini è piaciuto ai lettori.
Per "piaciuto" intendo una condivisione non dei miei giudizi su Mussolini,
ma del metodo. L'atteggiamento di fronte alla morte, una morte in
circostanze drammatiche, è secondo voi un elemento importante per valutare
la personalità di un uomo?
Perché faccio questa domanda? Sono stato tentato di scrivere un post su
Aldo Moro seguendo la falsariga di quello su Mussolini, cioè cercando di
valutare il meglio o il peggio di sé emerso in lui.
Ci sto riflettendo, e in questo momento non sono sicuro se ne sarò capace.
Intanto mi farebbe piacere se qualcuno cominciasse a parlarne, dandomi
qualche spunto.
Interessante questa proposta di thread: inizio a dare una risposta, dopo
aver ricordato, en passant, che ha ragione Maurizio quando dice che un conto
è dire adesso: era giusto così, era meglio fare cosà, un conto prendere le
decisioni allora.
Ma voglio concentrarmi su di un altro aspetto: Sia Moro, che Mussolini, si
consideravano ancora in gioco, al di la dell'umano tenerci ala pelle,
entrambi non si trovavano nella situazione psicologica di hitler che vedeva
tutto il suo mondo crollare, per loro invece il sopravvivere significava
portare avanti la battaglia. Faccio un esempio: Napoleone, la prima volta
che si avviò verso l'esilio, mentre nella Francia settentrionale il suo
passaggio fu salutato da manifestazioni di affetto, nella Francia
meridionale trovò una situazione ostile, dovette travestirsi con una divisa
austriaca. Lo storico Franz Herre, ad esempio, è convinto che se non lo
avesse fatto rischiava di essere linciato o lapidato.
Però, facciamo l'ipotesi che fosse lo stesso stato riconosciuto ed ucciso:
L'essersi travestito sarebbe divenuta un onta indelebile su un così grande
condottiero.
Ma facciamo l'ipotesi contraria: L'orgoglioso Napoleone rifiuta di
travestirsi, viene riconosciuto ed ucciso. La storia avrebbe sentenziato che
i francesi erano esasperati della tirannide napoleonica e che appena hanno
potuto, l'hanno giustiziato. Invece travestendosi ha evitato questa onta,
con i cento giorni ha potuto dimostrare di essere amato dal popolo. Ed a
sapere del suo travestimento probabilmente al mondo sono solo alcune
migliaia di persone, che comunque lo giudicheranno sicuramente episodio
marginale .
Saltando Mussolini e passando a Moro: Scusandomi per l'apparente ovvietà:
L'ultima cosa che poteva augurarsi Moro come politico, era che le Brigate
Rosse potessero buttare nell'agone politico, il cadavere di Moro. Non per
l'ovvia ragione che Moro era lui, l'avrebbe trovato deleterio anche se Moro
fosse stato un altro. Un Moro (nel senso di un politico che lavorava per
l'incontro fra comunisti e democristiani) ucciso da un gruppo armato della
sinistra, significava la fine del suo sogno politico: lo storico compromesso
fra il cattolicesimo politico ed il comunismo. Se fosse stato nelle mani di
un gruppo fascista, avendone il coraggio, avrebbe potuto accettare o
addirittura desiderare sacrificarsi per l'idea: un Moro ucciso dai fascisti,
sarebbe divenuto un saldo cemento dell'unità di tutti gli antifascisti, in
primis appunto cattolici e comunisti. Ma che senso poteva avere per lui
farsi uccidere da comunisti? Per diventare un martire del comunismo? Ma per
desiderare questo, avrebbe dovuto essere fieramente anticomunista, invece
lui i comunisti voleva portarli al governo. Pertanto, comprendo le sue
lettere, ed approvo che le abbia scritte. Lo dico non per partigianeria, di
Moro ho esecrato l'infame patto coi palestinesi con cui gli dava mano libera
in Italia purché non toccassero italiani cattolici, Lo dico perché la storia
non mi appartiene. Non posso manipolarla per far passare in sinistra parte
coloro di cui non ho condiviso il comportamento.
Ciao
Ad'I
Post by Luciano
Grazie
Luciano
2010-10-21 15:55:17 UTC
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Post by Arduino
Post by Luciano
Non so se il mio post sulla morte di Mussolini è piaciuto ai lettori.
Per "piaciuto" intendo una condivisione non dei miei giudizi su
Mussolini, ma del metodo. L'atteggiamento di fronte alla morte, una morte
in circostanze drammatiche, è secondo voi un elemento importante per
valutare la personalità di un uomo?
Perché faccio questa domanda? Sono stato tentato di scrivere un post su
Aldo Moro seguendo la falsariga di quello su Mussolini, cioè cercando di
valutare il meglio o il peggio di sé emerso in lui.
Ci sto riflettendo, e in questo momento non sono sicuro se ne sarò
capace. Intanto mi farebbe piacere se qualcuno cominciasse a parlarne,
dandomi qualche spunto.
Interessante questa proposta di thread: inizio a dare una risposta, dopo
aver ricordato, en passant, che ha ragione Maurizio quando dice che un
conto è dire adesso: era giusto così, era meglio fare cosà, un conto
prendere le decisioni allora.
Ma voglio concentrarmi su di un altro aspetto: Sia Moro, che Mussolini, si
consideravano ancora in gioco, al di la dell'umano tenerci ala pelle,
entrambi non si trovavano nella situazione psicologica di hitler che
vedeva tutto il suo mondo crollare, per loro invece il sopravvivere
significava portare avanti la battaglia.
D'accordo che Moro e Mussolini erano in una condizione diversa da quella di
Hitler (il quale negli ultimi giorni di vita non poteva avere più nessuna
speranza, tranne quella di riuscire a distruggere il popolo tedesco
dimostratosi incapace di realizzare il suo grande progetto). Ma Mussolini e
Moro, se pensavano di poter
continuare, sopravvivendo, la propria battaglia, dimostravano di non avere
percezione della realtà. È un errore spiegabile e perdonabile, date le
circostanze, ma è comunque un errore.
Era del tutto irrealistico che Mussolini, esibendo i documenti contenuti
nella sua mitica borsa, potesse influenzare in qualche modo il trattamento
dell'Italia. Ma era irrealistico anche che Moro potesse reinserirsi
nell'agone politico, se fosse stato lasciato libero dalle brigate rosse.
Nelle sue lettere si era lasciato andare a giudizi sprezzanti e ingiuriosi
sui suoi compagni di partito. Sua moglie aveva gettato benzina sul fuoco
delle polemiche, avanzando la pretesa che il marito avrebbe dovuto avere una
più adeguata protezione e l'auto blindata, ma dimenticando che, senza
occupare in quel momento nessuna carica dello stato, aveva quattro uomini di
scorta, e che l'auto blindata non l'aveva nessuno, nemmeno forse il
presidente della repubblica.
È poi emerso (da documenti trovati in un covo alcuni anni dopo) che Moro
aveva rivelato (sia pure in termini non del tutto espliciti) anche
l'esistenza di Gladio, e questo è un comportamento poco consono a un uomo di
stato che abbia il senso del dovere e voglia dare il meglio di sé di fronte
alla morte.
Moro è stato ingeneroso con gli uomini del suo partito. È vero che si
poteva tentare di liberarlo con una trattativa, ma questa doveva avvenire
con le dovute precauzioni di riservatezza, doveva condurla il governo, e non
doveva essere né apparire una capitolazione dello stato. Lui non doveva
lasciar credere che il suo partito per inerzia o addirittura
intenzionalmente volesse abbandonarlo al triste destino. Questo
atteggiamento, insieme alle recriminazioni della moglie, ha fatto nascere
nei mesi e negli anni seguenti la leggenda che le brigate rosse fossero
state manovrate dalla stessa Democrazia Cristiana per liberarsi di lui.
Penso che un uomo di stato, indubbiamente intelligente come era Moro,
avrebbe dovuto capire, se avesse conservato la lucidità di mente, che dopo
aver scritto quello che aveva scritto non sarebbe mai potuto tornare a fare
il leader di partito, e soprattutto non avrebbe potuto occupare la carica di
presidente della repubblica, che si sarebbe liberata pochi mesi dopo e che,
nell'organigramma redatto in base al manuale Cencelli nel formare il nuovo
governo, era stata riservata a lui.
Infine Moro avrebbe dovuto capire che gli ostacoli alla trattativa con le
brigate rosse, e quindi alla sua possibile liberazione, sarebbero venute, ed
effettivamente vennero, dal Partito Comunista e non dalla Democrazia
Cristiana. Il PCI, dopo esser stato accusato ripetutamente di aver
sottovalutato, negato, minimizzato il pericolo del terrorismo di sinistra,
non poteva inaugurare con un cedimento clamoroso la sua nuova stagione di
partito che si preparava a diventare una forza di governo.
Post by Arduino
L'ultima cosa che poteva augurarsi Moro come politico, era che le Brigate
Rosse potessero buttare nell'agone politico, il cadavere di Moro. Non per
l'ovvia ragione che Moro era lui, l'avrebbe trovato deleterio anche se
Moro fosse stato un altro. Un Moro (nel senso di un politico che lavorava
per l'incontro fra comunisti e democristiani) ucciso da un gruppo armato
della sinistra, significava la fine del suo sogno politico: lo storico
compromesso fra il cattolicesimo politico ed il comunismo.
Se Moro avesse ragionato con l'acume e la freddezza di uomo di stato, di cui
era indubbiamente capace, avrebbe dovuto capire che la realtà era il
contrario di quello che dici. Il fallimento del suo sogno politico sarebbe
stata l'inevitabile conseguenza della sua liberazione dopo una trattativa.
Post by Arduino
Se fosse stato
nelle mani di un gruppo fascista, avendone il coraggio, avrebbe potuto
accettare o addirittura desiderare sacrificarsi per l'idea: un Moro ucciso
dai fascisti, sarebbe divenuto un saldo cemento dell'unità di tutti gli
antifascisti, in primis appunto cattolici e comunisti. Ma che senso poteva
avere per lui farsi uccidere da comunisti? Per diventare un martire del
comunismo? Ma per desiderare questo, avrebbe dovuto essere fieramente
anticomunista, invece lui i comunisti voleva portarli al governo.
Pertanto, comprendo le sue lettere, ed approvo che le abbia scritte.
Io no. Non le ho lette tutte, e quindi dò un giudizio parziale. Ma mi sembra
che non siano il meglio che un uomo della sua statura poteva dare.
Chi poi ha dato il peggio di sé è stata la famiglia di Moro, durante e
soprattutto dopo. Mi riesce doloroso dirlo, perché hanno subito una prova
terribile, ma ne sono convinto e non posso dire il contrario. Ma questa è
un'altra questione.
Arduino
2010-11-01 19:23:31 UTC
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Post by Luciano
D'accordo che Moro e Mussolini erano in una condizione diversa da quella di
Hitler (il quale negli ultimi giorni di vita non poteva avere più nessuna
speranza, tranne quella di riuscire a distruggere il popolo tedesco
dimostratosi incapace di realizzare il suo grande progetto). Ma Mussolini e
Moro, se pensavano di poter
continuare, sopravvivendo, la propria battaglia, dimostravano di non avere
percezione della realtà. È un errore spiegabile e perdonabile, date le
circostanze, ma è comunque un errore.
Era del tutto irrealistico che Mussolini, esibendo i documenti contenuti
nella sua mitica borsa, potesse influenzare in qualche modo il trattamento
dell'Italia.
Ti rispondo solo ora, ma non per disinteresse o scarso interesse
all'argomento, ma solo a causa della tirannia del tempo che non mi
avrebbe permesso di seguire come si deve il thread.
Per Mussolini, sarebbe dipeso dall'importanza dei documenti: Un
documento su cui ci fosse a firma di Churchill questa richiesta:
"Dichiaraci la guerra in modo da poter moderare hitler al tavolo della
pace" non penso affatto sarebbe stato ininfluente, perlomeno dal punto
di vista morale.

Ma era irrealistico anche che Moro potesse reinserirsi
Post by Luciano
nell'agone politico, se fosse stato lasciato libero dalle brigate rosse.
Nelle sue lettere si era lasciato andare a giudizi sprezzanti e ingiuriosi
sui suoi compagni di partito. Sua moglie aveva gettato benzina sul fuoco
delle polemiche, avanzando la pretesa che il marito avrebbe dovuto avere una
più adeguata protezione e l'auto blindata, ma dimenticando che, senza
occupare in quel momento nessuna carica dello stato, aveva quattro uomini di
scorta, e che l'auto blindata non l'aveva nessuno, nemmeno forse il
presidente della repubblica.
È poi emerso (da documenti trovati in un covo alcuni anni dopo) che Moro
aveva rivelato (sia pure in termini non del tutto espliciti) anche
l'esistenza di Gladio, e questo è un comportamento poco consono a un uomo di
stato che abbia il senso del dovere e voglia dare il meglio di sé di fronte
alla morte.
Moro è stato ingeneroso con gli uomini del suo partito. È vero che si
poteva tentare di liberarlo con una trattativa, ma questa doveva avvenire
con le dovute precauzioni di riservatezza, doveva condurla il governo, e non
doveva essere né apparire una capitolazione dello stato. Lui non doveva
lasciar credere che il suo partito per inerzia o addirittura
intenzionalmente volesse abbandonarlo al triste destino. Questo
atteggiamento, insieme alle recriminazioni della moglie, ha fatto nascere
nei mesi e negli anni seguenti la leggenda che le brigate rosse fossero
state manovrate dalla stessa Democrazia Cristiana per liberarsi di lui.
Penso che un uomo di stato, indubbiamente intelligente come era Moro,
avrebbe dovuto capire, se avesse conservato la lucidità di mente, che dopo
aver scritto quello che aveva scritto non sarebbe mai potuto tornare a fare
il leader di partito, e soprattutto non avrebbe potuto occupare la carica di
presidente della repubblica, che si sarebbe liberata pochi mesi dopo e che,
nell'organigramma redatto in base al manuale Cencelli nel formare il nuovo
governo, era stata riservata a lui.
Infine Moro avrebbe dovuto capire che gli ostacoli alla trattativa con le
brigate rosse, e quindi alla sua possibile liberazione, sarebbero venute, ed
effettivamente vennero, dal Partito Comunista e non dalla Democrazia
Cristiana. Il PCI, dopo esser stato accusato ripetutamente di aver
sottovalutato, negato, minimizzato il pericolo del terrorismo di sinistra,
non poteva inaugurare con un cedimento clamoroso la sua nuova stagione di
partito che si preparava a diventare una forza di governo.
La tua analisi è giusta per la parte finale.
Ma in principio, Moro pensava di poter scrivere in modo riservato agli
uomini del suo partito, per questo usò un linguaggio esplicito. Fu colpa
dello scarsissimo acume politico delle brigate rosse (all'epoca, mi
domandavo come potessero esistere simili idioti. Quando sono entrato nei
ng mi sono reso conto che la loro era l'idiozia media del loro ambiente
politico) che rendendo pubblica la sua prima lettera posero un macigno
sulle possibilità di riuscita della trattativa.
Si ha pertanto un primo tempo in cui Moro non ha alcuna voglia di
divenire un martire del comunismo, spera di risolvere la faccenda al più
presto e senza danni, per riprendere la sua azione politica, magari
rafforzato dall'involontaria propaganda che gli stavano facendo le
brigate rosse.
Poi ad un certo punto deve essersi accorto di essere finito in un vicolo
cieco, e che non esisteva la volontà politica di fare sacrifici per
liberarlo. Allora decide di persistere, cercare di mettere i compagni di
partito con le spalle al muro mettendola in un modo che se fosse morto
la colpa morale sarebbe andata a loro. A quel punto, sicuramente si
rendeva conto di non poter più essere un leader Dc, ma gli sarà
subentrata una voglia di vendetta: partendo dalla corrente morotea,
poteva farsi un partitino e con questo scatenare una lotta selvaggia
contro quelli che volevano lasciarlo morire.
Post by Luciano
Se Moro avesse ragionato con l'acume e la freddezza di uomo di stato, di cui
era indubbiamente capace, avrebbe dovuto capire che la realtà era il
contrario di quello che dici. Il fallimento del suo sogno politico sarebbe
stata l'inevitabile conseguenza della sua liberazione dopo una trattativa.
Certo, e ad un certo punto deve averlo sicuramente capito anche lui: A
volerlo morto era in primis il Pci che lui aveva portato alle soglie del
governo, ed in secondo luogo il suo partito. Le uniche voci a suo favore
venivano da partiti estranei o inglobati di malavoglia nel suo progetto
come il Psi, ed in misura molto minore i radicali e il Msi. Pertanto,
penso che una volta liberato, avrebbe fatto un partitino e con questo
scatenato una lotta contro i due colossi, alleandosi con Craxi, i
radicali ed altre forze intermedie.
Post by Luciano
Io no. Non le ho lette tutte, e quindi dò un giudizio parziale. Ma mi sembra
che non siano il meglio che un uomo della sua statura poteva dare.
Chi poi ha dato il peggio di sé è stata la famiglia di Moro, durante e
soprattutto dopo. Mi riesce doloroso dirlo, perché hanno subito una prova
terribile, ma ne sono convinto e non posso dire il contrario. Ma questa è
un'altra questione.
Io invece al posto della famiglia Moro mi sarei comportato allo stesso
modo, anzi, avrei dato battaglia in modo più deciso e più "politico"
(magari iniziando la costituzione di un partitino) avendo presente che i
politicanti non agivano per senso dello stato, ma per salvare le
poltrone, primo fra tutti l'imbecille enrico berlinguer, che dopo aver
dedicato una decina di anni al compromesso storico, credeva di essere
arrivato definitivamente nella stanza dei bottoni, senza rendersi conto
che morto Moro vi sarebbe stato cacciato a pedate, come difatti avvenne
l'anno dopo.
Ciao
Ad'I
Luciano
2010-11-02 19:06:51 UTC
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Post by Arduino
Post by Luciano
Infine Moro avrebbe dovuto capire che gli ostacoli alla trattativa con le
brigate rosse, e quindi alla sua possibile liberazione, sarebbero venute, ed
effettivamente vennero, dal Partito Comunista e non dalla Democrazia
Cristiana. Il PCI, dopo esser stato accusato ripetutamente di aver
sottovalutato, negato, minimizzato il pericolo del terrorismo di sinistra,
non poteva inaugurare con un cedimento clamoroso la sua nuova stagione di
partito che si preparava a diventare una forza di governo.
La tua analisi è giusta per la parte finale.
Ma in principio, Moro pensava di poter scrivere in modo riservato agli
uomini del suo partito, per questo usò un linguaggio esplicito. Fu colpa
dello scarsissimo acume politico delle brigate rosse (all'epoca, mi
domandavo come potessero esistere simili idioti. Quando sono entrato nei
ng mi sono reso conto che la loro era l'idiozia media del loro ambiente
politico) che rendendo pubblica la sua prima lettera posero un macigno
sulle possibilità di riuscita della trattativa.
Dovresti spiegare meglio questo giudizio. Se mi consenti, ti pongo alcune
domande.
1- Avevano fin dal momento in cui lo rapirono l'intenzione di ucciderlo,
anche se non subito?
2- In caso di risposta negativa alla precedente domanda, che obiettivi si
proponevano con l'eventuale liberazione dell'ostaggio vivo?
Se la risposta alla 1- è SI', non è coerente il giudizio che dai, perché non
avevano interesse a concludere una trattativa. Il massimo che potevano
cercare, prolungando la prigionia e incoraggiando Moro a scrivere lettere su
lettere, poteva essere solo una grande dimostrazione di efficienza e un
forte effetto propagandistico.
Se la risposta alla 1- è NO, dobbiamo chiederci se cercavano un riscatto in
danaro, la liberazione di alcuni loro detenuti, o qualche altra cosa.
Premetto che sono d'accordo con te sullo scarsissimo acume politico delle
brigate rosse. Ma il fatto che maggiormente mi ha spinto verso questa
convinzione è diverso da quello che ha spinto te. Le brigate rosse non si
accorsero che, fra le cose dette da Moro sia pure di sfuggita, c'era la
rivelazione dell'esistenza di Gladio. Propagandisticamente, per loro sarebbe
stato uno scoop straordinario, paragonabile a quello che è stato la casa di
Montecarlo per il Giornale o la festa di Noemi per la Repubblica.
La rispostà SI' alla domanda 1- è stata data dalla maggior parte dei
commentatori politici, ed è stata confermata da un pentito, un certo
Savasta, che ha parlato diversi anni dopo. Ma io non la condivido, per vari
motivi.
Era un comodo alibi per sgravare la coscienza di coloro che avevano
rifiutato la trattativa.
Savasta, come moltissimi pentiti in varie circostanze, ha detto le cose
che intuiva fossero gradite a chi lo interrogava e al pubblico che lo
ascoltava.
Il protrarre la prigionia per due mesi faceva crescere il rischio di
essere scoperti, un rischio in fondo inutile se la decisione di ucciderlo
era stata già presa irrevocabilmente.
Le brigate rosse si presentavano all'opinione pubblica non come
un'organizzazione puramente terroristica capace di fare attentati anche
clamorosi, ma come un gruppo in grado di formulare programmi politici e
ideologici di un certo spessore, e capaci di ribaltare gli orientamenti
politici dei partiti di sinistra. Prima di allora avevano compiuto molti
attentati, dando prova di perizia e determinazione, e l'agguato a Moro era
il più clamoroso; ma successi o ricadute politiche della loro azione non ce
n'erano state. Moro, con le sue lettere, glie le aveva messe in mano.
Liberando Moro, avrebbero potuto sbandierare di fronte a tutta l'Italia il
loro primo successo politico: aver fatto saltare il patto DC-PCI su cui si
era formato il governo Andreotti e l'elezione di Moro alla presidenza della
Repubblica, oltre a tutte le diatribe interne alla DC innescate dalle
lettere di Moro.
La mia convinzione è che le brigate rosse, anche se all'inizio avessero
avuto in mente di uccidere Moro dopo un veloce "processo proletario", si
sono ricredute dopo aver constatato l'effetto dirompente delle lettere, che
sarebbe potuto essere anche maggiore se si fossero accorti, per esempio, di
Gladio. Una prova che potrebbe avvalorare questa mia convinzione è data
dalla confessione di due brigatisti, Morucci e Faranda. Quando il vertice si
riunì per la decisione definitiva sulla sorte di Moro, loro si espressero
per la liberazione, e restarono in minoranza.
Ricordiamo che questa decisione ai voti fu presa quando tutte gli spiragli
di trattativa erano chiusi, e le brigate rosse sapevano di non poter avere
niente in cambio: né danaro, né il riconoscimento politico implicito in una
trattativa, né la liberazione di qualche detenuto della loro banda. Insomma,
al momento della decisione finale, ci furono due brigatisti favorevoli a
liberare Moro in cambio di niente. Evidentemente pensavano che fruttuosi
risultati propagandistici erano stati ottenuti con lettere, e si sarebbero
intensificati con la liberazione.
Per quale motivo la maggioranza dei brigatisti fu contraria? La risposta che
ipotizzo è semplice, e mi pare plausibile. Poco tempo prima avevano rapito
il giudice Sossi, e lo avevano liberato dopo una trattativa che implicava la
liberazione di due brigatisti detenuti, e che però fu frustrata dalla
fermezza del procuratore Coco. Nelle brigate rosse prevalse l'idea che, se
una seconda volta avessero liberato un ostaggio in cambio di niente, le loro
future minacce avrebbero perso credibilità.
Post by Arduino
Si ha pertanto un primo tempo in cui Moro non ha alcuna voglia di divenire
un martire del comunismo, spera di risolvere la faccenda al più presto e
senza danni, per riprendere la sua azione politica, magari rafforzato
dall'involontaria propaganda che gli stavano facendo le brigate rosse.
Poi ad un certo punto deve essersi accorto di essere finito in un vicolo
cieco, e che non esisteva la volontà politica di fare sacrifici per
liberarlo. Allora decide di persistere, cercare di mettere i compagni di
partito con le spalle al muro mettendola in un modo che se fosse morto la
colpa morale sarebbe andata a loro. A quel punto, sicuramente si rendeva
conto di non poter più essere un leader Dc, ma gli sarà subentrata una
voglia di vendetta: partendo dalla corrente morotea, poteva farsi un
partitino e con questo scatenare una lotta selvaggia contro quelli che
volevano lasciarlo morire.
Che Moro abbia pensato questo, forse è possibile. Ma non era un progetto
realistico.
Post by Arduino
Post by Luciano
Ma mi sembra
che non siano il meglio che un uomo della sua statura poteva dare.
Chi poi ha dato il peggio di sé è stata la famiglia di Moro, durante e
soprattutto dopo. Mi riesce doloroso dirlo, perché hanno subito una prova
terribile, ma ne sono convinto e non posso dire il contrario. Ma questa è
un'altra questione.
Io invece al posto della famiglia Moro mi sarei comportato allo stesso
modo, anzi, avrei dato battaglia in modo più deciso e più "politico"
(magari iniziando la costituzione di un partitino) avendo presente che i
politicanti non agivano per senso dello stato, ma per salvare le poltrone,
primo fra tutti l'imbecille enrico berlinguer, che dopo aver dedicato una
decina di anni al compromesso storico, credeva di essere arrivato
definitivamente nella stanza dei bottoni, senza rendersi conto che morto
Moro vi sarebbe stato cacciato a pedate, come difatti avvenne l'anno dopo.
Che il PCI gestì malissimo, anche dal suo punto di vista, il dopo-Moro, è
evidente, e sono d'accordo. Che la famiglia avrebbe potuto tentare di creare
un partito, è irrealistico. Con chi lo avrebbero fatto? Con Freato e i suoi
amici petrolieri?
Arduino
2010-11-03 18:36:55 UTC
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Post by Luciano
Dovresti spiegare meglio questo giudizio. Se mi consenti, ti pongo alcune
domande.
1- Avevano fin dal momento in cui lo rapirono l'intenzione di ucciderlo,
anche se non subito?
Ho tagliato la tua analisi, ma ma trovo molto approfondita e
condivisibile. Suggerisco di leggerla a chi per caso fosse capitato qui
senza averla detta.
Quanto alla tua domanda, la risposta è: Sicuramente no.
Un rapimento era molto più rischioso di un uccisione, inoltre gli esiti
potevano essere imprevedibili, un ondata di pietismo che costringa alla
liberazione, oppure lo stato potrebbe accettare le condizioni e a quel
punto non solo si perderebbe la faccia se si uccidesse l'ostaggio ma ad
esempio, si susciterebbe anche il risentimento dei compagni che potevano
essere liberati, e dei loro amici.
Pertanto, in un primo tempo avranno pensato ad un grande effetto
propagandistico ottenendo nel frattempo qualcosa. poi si saranno accorti
di avere di fronte un muro, ma avranno pensato che forse le lettere di
Moro potevano sgretolarlo, alla fine la maggioranza di loro ha optato
per la condanna a morte, e anch'io penso che molto abbia influito la
bravata di Coco, che badogliescamente ha pensato di fare il furbo.
Credo comunque che le brigate rosse si siano lasciate scappare tre
grandi occasioni: Non aver sfruttato il caso Gladio, aver rinunciato a
dare una prova di magnanimità che le avrebbe cinte di un aureola
positiva, contrapposta all'ottusa tenacia dei politici, e soprattutto
rinunciando a gettare nell'agone politico la bomba Moro.
Post by Luciano
Che Moro abbia pensato questo, forse è possibile. Ma non era un progetto
realistico.
Perché irrealistico? Mettendosi a fare il Cossiga contro i politici
cinici imbelli ed incapaci, il 5% non lo prendeva. E con quel cinque per
cento, non avrebbe potuto far da crimaldello contro una classe politica
ormai logora?
Post by Luciano
Che il PCI gestì malissimo, anche dal suo punto di vista, il dopo-Moro, è
evidente, e sono d'accordo. Che la famiglia avrebbe potuto tentare di creare
un partito, è irrealistico. Con chi lo avrebbero fatto? Con Freato e i suoi
amici petrolieri?
Un fratello di Moro era onorevole (Doveva essere un inetto, non si sentì
mai) Ma l'iniziativa poteva partire da chiunque fosse in gamba, si
proponeva il partito, poi molti sarebbero accorsi col concetto che in un
partito nuovo ci sarebbero stati molti posti disponibili.
Ciao
Ad'I
Luciano
2010-11-04 17:46:15 UTC
Permalink
Post by Arduino
Un fratello di Moro era onorevole (Doveva essere un inetto, non si sentì
mai)
Sei sicuro? Mi pare che era magistrato.
Negli anni seguenti è possibile che il fratello o il figlio siano stati
eletti in parlamento. Però non ho nessun ricordo preciso in proposito. Gli
unici ricordi, sgradevoli, sono della moglie e della figlia.
JurassicPark
2010-11-05 15:05:08 UTC
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Post by Luciano
Post by Arduino
Un fratello di Moro era onorevole (Doveva essere un inetto, non si sentì
mai)
Sei sicuro? Mi pare che era magistrato.
Alfredo Carlo Moro era effettivamente un magistrato
http://it.wikipedia.org/wiki/Alfredo_Carlo_Moro
e autore di un libro sull'assassinio del fratello.

Carlo "Jurassic Park"
Arduino
2010-11-05 18:23:33 UTC
Permalink
Sorry, errore mio causato dal fatto che alle successive elezioni
presidenziali ottenne alcuni voti di franchi tiratori. Avevo dato per
scontato fosse onorevole, dimenticando che chiunque può essere eletto
presidente della repubblica.
Comunque, onorevole o magistrato, il fatto stesso che non si sia sentito
lo classifica come imbelle.
Ciao
Ad'I
Post by JurassicPark
Carlo "Jurassic Park"
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