Luciano
2010-09-05 21:38:49 UTC
Io penso che ogni uomo, se è stato un protagonista di eventi importanti
piccoli o grandi, se non ha perso la lucidità mentale, se è ancora sulla
breccia, nel momento in cui si avvicina un pericolo di morte, dà il meglio
di sé, e trova l'energia e il coraggio per affrontare dignitosamente il
pericolo, preoccuparsi della sorte delle persone affidate a lui, e salvare
la sua immagine per i posteri e per gli storici.
Mussolini come ha agito nella situazione descritta?
Premetto che come uomo di stato non ho di lui la minima stima. L'unica buona
qualità che gli riconosco è una discreta abilità oratoria, che oggi ci pare
troppo retorica, ma che allora poteva anche avere un po' di fascino e forza
di persuasione. Ma molti lo hanno ammirato, e alcuni ancora oggi. Ebbene, un
uomo che ha fatto tanto male e ha commesso tanti errori, secondo me si può
ammirare solo se si coglie l'eroismo di chi dà il meglio di sé di fronte al
pericolo di morte.
Il 24 aprile 1945 gli alleati avevano sfondato le ultime resistenze
tedesche, e si avvicinavano alle grandi città padane, nelle quali i
partigiani erano pronti all'insurrezione per il giorno seguente.
L'arcivescovo di Milano si diede da fare per una resa senza spargimento di
sangue, e riuscì a convocare un incontro nella curia fra Mussolini e i capi
partigiani.
In questa riunione fu offerta a Mussolini la promessa di non procedere a
esecuzioni o processi sommari, se le milizie fasciste si fossero arrese
senza fare resistenza. Naturalmente nessuno promise, perché nessuno aveva
l'autorità di farlo, la libertà e l'impunità: i miliziani e tutti i fascisti
arresisi sarebbero stati arrestati e poi sottoposti a processo.
Mussolini si mostrò propenso ad accettare, ma fece un'obiezione: noi ci
siamo messi in questa avventura quasi disperata per salvare l'onore
dell'Italia, dopo che il re aveva tradito l'alleato tedesco; e ora io dovrei
fare la stessa cosa?
Uno dei partigiani, credo Achille Marazza, gli rispose: non fatevi tanti
scrupoli, con i tedeschi stiamo trattando da mesi, e forse in questo momento
uno dei nostri sta concludendo l'accordo col capo delle SS in Italia.
Aveva ragione. I tedeschi infatti cessarono le ostilità il giorno dopo,
dietro promessa dei partigiani di non ostacolare il loro ritorno in Austria
o in Germania.
Mussolini andò su tutte le furie: i tedeschi non mi hanno detto niente, e
ripagano così la lealtà di cui ho dato prova!
Poi aggiunse che accettava i termini della resa, ma prima voleva andare dal
comandante tedesco e dirgli a muso duro tutti gli improperi che meritava per
la sua slealtà. E promise di ritornare entro poco tempo.
Fa impressione constatare che Mussolini, nel momento in cui tutto intorno a
lui stava per crollare, pensasse all'onore. Forse sta per uscire "il meglio
di sé"? Ma vediamo come continua la storia.
Mentre andava via Mussolini, arrivò, leggermente ritardatario, Sandro
Pertini, e subito chiese ai suoi come era andata la discussione. Non è
accertato esattamente che cosa disse, se cioè fece obiezioni all'offerta di
incolumità. Fatto sta che nel capannello che si era formato intorno a
Pertini si parlò di processi sommari, e qualche parola fu percepita da uno
dei collaboratori di Mussolini, rimasto nella sala.
L'offerta della resa con incolumità è un tranello, disse, l'ho capito dai
vostri discorsi. Ora corro da Mussolini, e state certi che qui non torna.
Infatti poco tempo dopo la radio annunciò che le camicie nere dell'Oltrepò
pavese erano state richiamate a Milano per difendere la città.
Mussolini si era fatto convincere che la promessa di resa con incolumità era
un tranello, e preferì salvarsi con quel poco dignitoso tentativo di fuga
travestito da soldato tedesco ubriaco.
Non pensò che l'arcivescovo, mediatore di quella trattativa, sarebbe stato
un garante almeno morale del rispetto degli accordi.
Non pensò che rifiutando la proposta esponeva tutti i suoi uomini alla
possibilità di esecuzioni sommarie.
Non pensò che, anche se fosse stato probabile che l'intenzione dei capi
partigiani era di catturarlo col tranello e fucilarlo subito, doveva correre
ugualmente questo rischio, perché un capo, nei momenti supremi, deve fare
anche l'unico improbabile tentativo di salvare i suoi uomini.
Non pensò che si stava comportando come il capitano che lascia per primo la
sua nave che affonda.
Non pensò che tanti giovani lo avevano seguito nell'avventura della
repubblica di Salò perché sinceramente convinti di difendere l'onore della
patria. A distanza di decenni alcuni uomini politici antifascisti hanno
saputo coraggiosamente riconoscere non certo la bontà, ma almeno la
sincerità di quella scelta. Ma Mussolini a loro doveva molto di più, doveva
gratitudine infinita.
Aveva avuto anche un lampo di pensiero dignitoso, quando si preoccupò per
l'atto di slealtà verso i tedeschi. Poi tutto cambiò, forse per aver
ascoltato un consiglio incauto, forse perché il suo innato disprezzo per il
prossimo gli fece credere che la propria sopravvivenza fosse al di sopra di
qualsiasi dovere verso gli altri, forse perché si esaltò nell'illusione che
la sua vita e le carte conservate nella sua valigetta fossero essenziali
alla salvezza dell'Italia; e affrontò la morte nella maniera più
disonorevole.
Aveva dato il peggio di sé.
piccoli o grandi, se non ha perso la lucidità mentale, se è ancora sulla
breccia, nel momento in cui si avvicina un pericolo di morte, dà il meglio
di sé, e trova l'energia e il coraggio per affrontare dignitosamente il
pericolo, preoccuparsi della sorte delle persone affidate a lui, e salvare
la sua immagine per i posteri e per gli storici.
Mussolini come ha agito nella situazione descritta?
Premetto che come uomo di stato non ho di lui la minima stima. L'unica buona
qualità che gli riconosco è una discreta abilità oratoria, che oggi ci pare
troppo retorica, ma che allora poteva anche avere un po' di fascino e forza
di persuasione. Ma molti lo hanno ammirato, e alcuni ancora oggi. Ebbene, un
uomo che ha fatto tanto male e ha commesso tanti errori, secondo me si può
ammirare solo se si coglie l'eroismo di chi dà il meglio di sé di fronte al
pericolo di morte.
Il 24 aprile 1945 gli alleati avevano sfondato le ultime resistenze
tedesche, e si avvicinavano alle grandi città padane, nelle quali i
partigiani erano pronti all'insurrezione per il giorno seguente.
L'arcivescovo di Milano si diede da fare per una resa senza spargimento di
sangue, e riuscì a convocare un incontro nella curia fra Mussolini e i capi
partigiani.
In questa riunione fu offerta a Mussolini la promessa di non procedere a
esecuzioni o processi sommari, se le milizie fasciste si fossero arrese
senza fare resistenza. Naturalmente nessuno promise, perché nessuno aveva
l'autorità di farlo, la libertà e l'impunità: i miliziani e tutti i fascisti
arresisi sarebbero stati arrestati e poi sottoposti a processo.
Mussolini si mostrò propenso ad accettare, ma fece un'obiezione: noi ci
siamo messi in questa avventura quasi disperata per salvare l'onore
dell'Italia, dopo che il re aveva tradito l'alleato tedesco; e ora io dovrei
fare la stessa cosa?
Uno dei partigiani, credo Achille Marazza, gli rispose: non fatevi tanti
scrupoli, con i tedeschi stiamo trattando da mesi, e forse in questo momento
uno dei nostri sta concludendo l'accordo col capo delle SS in Italia.
Aveva ragione. I tedeschi infatti cessarono le ostilità il giorno dopo,
dietro promessa dei partigiani di non ostacolare il loro ritorno in Austria
o in Germania.
Mussolini andò su tutte le furie: i tedeschi non mi hanno detto niente, e
ripagano così la lealtà di cui ho dato prova!
Poi aggiunse che accettava i termini della resa, ma prima voleva andare dal
comandante tedesco e dirgli a muso duro tutti gli improperi che meritava per
la sua slealtà. E promise di ritornare entro poco tempo.
Fa impressione constatare che Mussolini, nel momento in cui tutto intorno a
lui stava per crollare, pensasse all'onore. Forse sta per uscire "il meglio
di sé"? Ma vediamo come continua la storia.
Mentre andava via Mussolini, arrivò, leggermente ritardatario, Sandro
Pertini, e subito chiese ai suoi come era andata la discussione. Non è
accertato esattamente che cosa disse, se cioè fece obiezioni all'offerta di
incolumità. Fatto sta che nel capannello che si era formato intorno a
Pertini si parlò di processi sommari, e qualche parola fu percepita da uno
dei collaboratori di Mussolini, rimasto nella sala.
L'offerta della resa con incolumità è un tranello, disse, l'ho capito dai
vostri discorsi. Ora corro da Mussolini, e state certi che qui non torna.
Infatti poco tempo dopo la radio annunciò che le camicie nere dell'Oltrepò
pavese erano state richiamate a Milano per difendere la città.
Mussolini si era fatto convincere che la promessa di resa con incolumità era
un tranello, e preferì salvarsi con quel poco dignitoso tentativo di fuga
travestito da soldato tedesco ubriaco.
Non pensò che l'arcivescovo, mediatore di quella trattativa, sarebbe stato
un garante almeno morale del rispetto degli accordi.
Non pensò che rifiutando la proposta esponeva tutti i suoi uomini alla
possibilità di esecuzioni sommarie.
Non pensò che, anche se fosse stato probabile che l'intenzione dei capi
partigiani era di catturarlo col tranello e fucilarlo subito, doveva correre
ugualmente questo rischio, perché un capo, nei momenti supremi, deve fare
anche l'unico improbabile tentativo di salvare i suoi uomini.
Non pensò che si stava comportando come il capitano che lascia per primo la
sua nave che affonda.
Non pensò che tanti giovani lo avevano seguito nell'avventura della
repubblica di Salò perché sinceramente convinti di difendere l'onore della
patria. A distanza di decenni alcuni uomini politici antifascisti hanno
saputo coraggiosamente riconoscere non certo la bontà, ma almeno la
sincerità di quella scelta. Ma Mussolini a loro doveva molto di più, doveva
gratitudine infinita.
Aveva avuto anche un lampo di pensiero dignitoso, quando si preoccupò per
l'atto di slealtà verso i tedeschi. Poi tutto cambiò, forse per aver
ascoltato un consiglio incauto, forse perché il suo innato disprezzo per il
prossimo gli fece credere che la propria sopravvivenza fosse al di sopra di
qualsiasi dovere verso gli altri, forse perché si esaltò nell'illusione che
la sua vita e le carte conservate nella sua valigetta fossero essenziali
alla salvezza dell'Italia; e affrontò la morte nella maniera più
disonorevole.
Aveva dato il peggio di sé.