Discussione:
Altri due tipi di razzismo, anzi, tre #1
(troppo vecchio per rispondere)
Maurizio Pistone
2010-02-17 07:47:09 UTC
Permalink
Il razzismo si basa su due assunti:

1. le caratteristiche principali di singoli e gruppi sono permanenti, e
si trasmettono per via ereditaria
2. le differenze fondamentali fra singoli e gruppi sono di tipo
biologico, constatabili oggettivamente.

***

Il trucco è che questi due assunti possono anche non coincidere.

La coincidenza tra i due assunti si ha nei confronti di gruppi umani
che: a. sono immediatamente riconoscibili per caratteri somatici diversi
da quelli europei, e b. sono stati per lungo tempo costretti in una
condizione di inferiorità sociale e di dominio coloniale.

Insomma, è il razzismo nei confronti nei "negri" - gli africani, poi per
estensione anche popolazioni asiatiche o oceaniche dalla pelle scura.
Idem per i "gialli".

Per dirla in breve: la discriminazione verso il "diverso" immediatamente
riconoscibile come tale. Mi basta guardarlo in faccia per sapere che non
lo inviterò mai a pranzo - e che non si provi a toccare mia moglie o mia
figlia!

***

L'antisemitismo è una cosa decisamente diversa.

Per l'antisemita, vale il punto 1. L'ebreo è ebreo per nascita, e rimane
ebreo a distanza di più(*) generazioni. L'ebreo è tale anche se
convertito ecc. I caratteri negativi che fanno di un ebreo un ebreo non
sono modificabili, anche se non si vedono, come nel caso dei negri. È
proprio questo che rende gli ebrei tanto più odiosi: perché si camuffano
da esseri umani!

Ci sono stati studiosi che hanno tentato di associare quest'identità con
caratteri biologici, e hanno misurato l'angolo facciale, la forma del
cranio, la forma del naso. Questo tipo di studi ha avuto un grande
impulso a cavallo fra XIX e XX secolo, e non è necessariamente legato a
teorie politiche di tipo razzista. Ancora una cinquantina d'anni fa, in
ambito accademico, c'erano archeologi che studiavano le tombe neolitiche
per distinguere i "brachicefali" dai "dolicocefali", e dividevano la
"razza europea" in tre sottorazze: "mediterranea", "alpina", "nordica".
Ma un vero razzista se ne fotte delle teorie. Un ebreo lui lo sa
riconoscere, anche se il cranio non è quello giusto.

Non si sono mai visti servizi igienici esporre la scritta FOR
BRACHICEFALICS ONLY.

***

Il passaggio dall'antica discriminazione religiosa verso il popolo
"deicida" all'odio verso la "razza ebraica" ha richiesto numerosi
passaggi.

Il primo è stato effettuato cinquecento anni fa, in Spagna, quando si è
stabilito che l'ebreo (e il musulmano), anche convertito, rimaneva un
"diverso". Fino ad allora l'ebreo cessava di essere tale al momento
della conversione; da allora, si è introdotta la categoria della
"limpieza de sangre", che trasferiva l'antico concetto di nobiltà
ereditaria, di "stirpe", a quello di appartenenza ereditaria, non
modificabile, ad una comunità etnica, un "popolo".

Però rimaneva la base religiosa. Com'è possibile che una persecuzione
religiosa diventi una persecuzione di tipo razziale? Ciò avviene in
tutte quelle situazioni in cui l'identità religiosa è parte decisiva
dell'identità nazionale.

Questo è vero soprattutto nei paesi slavi. Russi e serbi sono, in primo
luogo, slavi ortodossi. Polacchi e croati sono, in primo luogo, slavi
cattolici. I due fronti si sono detestati e massacrati per secoli,
rinfacciandosi l'appartenenza ad una comunità etnica riconoscibile in
primo luogo dalla forma del cappello dei rispettivi preti. È
un'associazione talmente forte che è passata indenne attraverso tre
generazioni di comunismo. Nella grande epopea nazionalstaliniana
dell'Aleksandr Nevskij una delle accuse più insistite verso i Cavalieri
Teutonici è quella di aver voluto asservire la Russia a Roma.

Qualcosa di simile si ha in Francia, dove l'integralismo cattolico e le
nostalgie monarchiche hanno creato quel misto bizzarro che fu l'Action
Française. A fronte della Nazione fondata su Liberté Egalité Fraternité
e tricolore, si erge un'identità alternativa che trae vigore dalla
Vandea, dal sangue dei martiri del Sacro Cuore.

Se l'identità nazionale si fonda sull'identità religiosa, chi non
appartiene alla religione giusta è uno straniero. Dal punto di vista di
un fascista croato, un ebreo è uno straniero, esattamente come un serbo.
Dal punto di vista di un militante della destra francese, l'ebreo
francese non è un vero francese, è un "meteco".

***

È evidente che questo tipo di antisemitismo non ci appartiene. Il
cattolicesimo è profondamente radicato in Italia, ma non è alla base
dell'idea nazionale italiana. Anzi, tutti i profeti dell'italianità
hanno sempre avuto in vario modo una grossa ruggine con la Chiesa di
Roma: Dante Machiavelli Mazzini Garibaldi Vittorio Emanele II De
Sanctis... Perfino Manzoni, che faceva la Comunione tutte le mattine,
era Senatore di un Regno che Pio IX aveva scomunicato.

=====

(*) I nazisti, che erano pazzi ma non fessi, sapevano che di fatto per
nessun essere umano è possibile risalire oltre due generazioni, e il
certificato di arianità si otteneva presentando i documenti relativi ai
quattro nonni.

***

[Non è finita]
--
Maurizio Pistone strenua nos exercet inertia Hor.
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OndaMax
2010-02-20 00:04:00 UTC
Permalink
"Maurizio Pistone" ha scritto nel messaggio ...
Post by Maurizio Pistone
1. le caratteristiche principali di singoli e gruppi sono
permanenti, e si trasmettono per via ereditaria
2. le differenze fondamentali fra singoli e gruppi sono di
tipo biologico, constatabili oggettivamente.
Per dirla in breve: la discriminazione verso il "diverso"
immediatamente > riconoscibile come tale. Mi basta guardarlo
in faccia per sapere che non lo inviterò mai a pranzo - e che
non si provi a toccare mia moglie o mia figlia!
Per l'antisemita, vale il punto 1. L'ebreo è ebreo per nascita,
e rimane ebreo a distanza di più(*) generazioni. L'ebreo è tale
anche se convertito ecc. I caratteri negativi che fanno di un ebreo
un ebreo non sono modificabili, anche se non si vedono, come
nel caso dei negri. È proprio questo che rende gli ebrei tanto più
odiosi: perché si camuffano da esseri umani!
E gli Zingari, che sono etnìa sicuramente ariana ?

Suggerisco un terzo elemento, che è un dato sociologico e storico
fondamentale nelle società occidentali: la "resistenza" all'assimilazione.
Il diverso fa paura quando non si integra, da fastidio se non viene
completamente assorbito nel tessuto sociale (per ragioni storico-culturali
o per condizioni socio-ambientali). L'impalcatura bio-idealogica arriva
dopo, spesso cavalcata da interessi politico-economici.

Ciao
OndaMax
Maurizio Pistone
2010-02-20 09:46:36 UTC
Permalink
Post by OndaMax
la "resistenza" all'assimilazione
è un dato fondamentale, ma in certi casi ha conseguenze anomale.

In Nord America le tribù native che sopravvissero meglio sono quelle che
si opposero con più feroce determinazione all'assimilazione.

Le "sette tribù civilizzate" della Costa Atlantica, che coltivavano la
terra, vivevano in città, avevano tribunali e organi di governo, avevano
tipografie, giornali e libri, furono le prime vittime del genocidio.

Sopravvissero i Seminole, che si rifugiarono nelle paludi della Florida,
e che ai tempi della I Guerra Mondiale furono riconosciuti dalla Corte
Suprema esenti dall'obbligo di leva, perché non avevano mai sottoscritto
un Trattato di Pace coi bianchi; sopravvissero i Sioux, che anche le
altre tribù indiane temevano e detestavano come feroci e sanguinari
banditi.
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m.m.
2010-02-21 10:30:09 UTC
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Si sta parlando della "resistenza all'assimilazione". Credo sia un
problema impostato male. Prendo un caso citato come esempio.
Il N. America non può essere utilizzato come caso esemplare. Tutti i
popoli del N. America dovettero confrontarsi con le malattie importate
dai bianchi che furono la prima causa di sterminio. Un gruppo indebolito
ha meno potere contrattuale. Il caso davvero esemplare sono i Mandan
che, distrutti militarmente dai Sioux, vennero semplicemente aggregati
dai bianchi agli Hidatsa, sulla base di una qualche somiglianza
culturale (o piuttosto vicinanza geografica). A nessuno venne in mente
di trattare con loro.
I popoli della costa orientale si incontrarono con i bianchi prima della
costituzione dello Stato federale, in un periodo di confronto tra i
bianchi e questo consentì loro inizialmente un certo spazio di manovra
ma questo non vuol dire che avessero possibilità: si trovavano nei
luoghi di massima immigrazione e non potevano che esser travolti.
Tra i popoli delle Pianure i Sioux, che hanno un pessimo nome ma non
erano certo "i peggio" furono tra quelli trattati peggio e che ebbero
meno possibilità. Quelli che relativamente si trovarono meglio furono i
Crow, che seppero schierarsi dalla parte dei bianchi (le guide di Custer
erano Crow) ed ebbero dei limitati riconoscimenti: furono i primi ad
avere una riserva nelle loro stesse terre. Il popolo meglio messo (e
figuriamoci gli altri!) fu pertanto quello che seppe meglio adattarsi
senza resistere.
Peraltro le applicazioni dei trattati furono, dappertutto, pessime
nonostente le intenzioni del governo federale. Nessun popolo sopravvisse
perché si oppose: quelli che sopravvissero lo fecero per motivi
contingenti e perché era troppo difficile eliminarli tutti (sul piano
strettamente militare le perdite dei soldati e coloni bianchi furono
molto più alte di quelle dei nativi morti in combattimento). Non è
dunque possibile estrapolare una norma. Agli inizi del XX secolo la
diversa sensibilità giuridica e le politiche crescenti di integrazione
consentirono ai nativi di utilizzare le stesse norme dei bianchi nei
tribunali ordinari. Ma a questo punto di nativo resta davvero poco: i
moawk o gli iroquois con il proprio passaporto sono di fatto dei
cittadini Usa e non certo dei nativi: l'assimilazione è talmente alta
che persino per definirsi "diversi" devono ricorrere alle forme
occidentali. La diversità dei nativi, oggi, per quanto espressa in
termini nativistici, è soprattutto una diversità di status economico.
Sul piano originale, di nativo in Usa agli inizi del XX secolo c'era
solo l'interesse degli etnologi e i ricordi dei vecchi.
L'assimilazione presuppone che ci siano dei gruppi circoscritti e
definiti. IL che non è una condizione di natura ma una condizione
storica: in genere (ci sono eccezioni ma andrebbero considerate caso per
caso) un gruppo tende a mantenere un altro gruppo come "diverso". I
motivi sono vari e cambiano da situazione a situazione. In ogni caso la
considerazione della diversità parte dall'alto e seppure può spingere i
gruppi marginali, quando non hanno altre alternative, ad accettare
questa marginalizzazione e a farne una bandiera, non per questo la loro
è una resistenza all'assimilazione. La "diversità" ebraica non nasce dal
fatto che questi si sentivano e volevano esser diversi ma dal fatto che
furono costretti ad esser diversi. Aggiungerei: costretti per motivi
diversi, cosicché abbiamo nei loro confronti diverse forme di razzismo
anche se dal loro punto di vista (dal punto di vista di chi è trattato
male) è chiaro che queste forme si confondono.
Analogamente la diversità degli omosessuali non è prodotta
dall'omosessualità ma dall'omofobia, anche se poi gli omosessuali
accettano ed esaltano la loro diversità nei gay pride.
Non è pertanto possibile mettere insieme le resistenze nativiste dei
popoli coloniali alle invasioni con le "resistenze" di gruppi europei. I
nativi si oppongono ad un diverso che li invade: dal loro punto di vista
non c'è alternativa al resistere o allo sparire. Gli ebrei (e gli
zingari e gli omosessuali...) sono prima "voluti" diversi e poi spinti
ad esserlo. Ma è una reazione.
Infine, perdonate la lunghezza, è interessante notare, a testimonianza
che la diversità non è affatto un dato ma un risultato, come tra i
poppoli coloniali il passare da un gruppo all'altro non sia di per è un
problema. Il caso emblematico è dei gruppi africani non Zulu che si
considerarono Zulu per un certo periodo per poi tornare a non esserlo
più; ancora più interessante è la lunga sequenza di gruppi birmani
citata da Leach che cambiavano appartenenza (e lingua!) anche nel giro
di una generazione.
marco
Maurizio Pistone
2010-02-21 11:35:09 UTC
Permalink
Post by m.m.
La "diversità" ebraica non nasce dal
fatto che questi si sentivano e volevano esser diversi ma dal fatto che
furono costretti ad esser diversi.
in realtà, almeno all'origine, *vollero* essere diversi.

Gli ebrei hanno pagato per oltre duemila anni la scelta di Ezdra, che
decise di permettere il rientro a Gerusalemme solo ai Giudei che
avessero dimostrato di essere tali, e di *voler* essere tali,
*ripudiando le loro mogli non giudee*.
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Alberto
2010-02-21 20:11:08 UTC
Permalink
Post by Maurizio Pistone
in realtà, almeno all'origine, *vollero* essere diversi.
Eh si decisamente.
Post by Maurizio Pistone
In molti paesi europei nasce quindi un'estrema destra che è antisemita
perché è anticapitalistica, ed è anticapitalistica perché è antimoderna.
Che molti ebrei, usciti dai ghetti, si mettano in luce nel campo delle
scienze e delle professioni, contribuisce ad alimentare l'odio
Per un paradosso storico, l'antisemitismo moderno nasce nel momento in
cui si integrano massicciamente. E' un tortuoso effetto della
Modernità.


Un altra considerazione, anche questo una sorta di paradosso che nasce
dall'assimilazione.
Gli ebrei sono un popolo senza terra propria, senza lingua propria e
definiti dalla religione.
Ma quando assorbono il liberal-nazionalismo borghese nasce il
nazionalismo sionista.
Che si procura una Terra, resuscita l'ebraico e fonda uno stato laico.
Israele è del tutto interno alla logica " Un popolo , una terra, una
lingua" , tanto da poter essere accusato di "fascismo" cioè un
nazionalismo aggressivo.

OndaMax
2010-02-21 13:11:38 UTC
Permalink
"m.m." ha scritto nel messaggio ...
Infine, perdonate la lunghezza, è interessante notare, a testimonianza che
la diversità non è affatto un dato ma un risultato, come tra i poppoli
coloniali il passare da un gruppo all'altro non sia di per è un problema.
Il caso problematico è dei gruppi africani non Zulu che si considerarono
Zulu per un certo periodo per poi tornare a non esserlo più; ancora più
interessante è la lunga sequenza di gruppi birmani citata da Leach che
cambiavano appartenenza (e lingua!) anche nel giro di una generazione.
Interessante! Ricorda la bufala della ripartizione etnica tra Hutu e Tutsi
in Rwanda. Qui è possibile che esistessero differenze primordiali, ma poco
prima della colonizzazione i termini distinguevano semplicemente tra
contadini (Hutu) e pastori (Tutsi), nell'ambito di comunità ormai ampiamente
mescolate e che condividevano territorio, strutture sociali, religione e
cultura. Le ragioni politiche che hanno portato allo scontro sono complesse
e passano anch'esse per una cattiva gestione coloniale che, per motivi
politici, ha contrapposto i due gruppi (promuovendo la minoranza Tutsi a
posizioni di potere e ponendo così le basi per gli odi futuri). Intorno agli
anni 30 del secolo scorso i belgi resero obbligatoria l'indicazione
dell'etnìa sui documenti ma, trovarono nell'imbarazzo di stabilire un
criterio, optarono per un metodo numerico: chi aveva più di 10 capi di
bestiame era Tutsi, chi ne aveva meno era Hutu. In fase di decolonizzazione
il potere passa di mano, essendo gli Hutu la comunità più numerosa. E i semi
dell'odio germogliano, permendosi di giustificazioni etniche di fatto
inventate più di 50 anni prima.

OndaMax
m.m.
2010-02-21 15:56:43 UTC
Permalink
Le ragioni politiche che hanno portato allo scontro sono complesse
Post by OndaMax
e passano anch'esse per una cattiva gestione coloniale che, per motivi
politici, ha contrapposto i due gruppi (promuovendo la minoranza Tutsi a
posizioni di potere e ponendo così le basi per gli odi futuri).
Rammenterei, relativamente a questo caso, i (Ba)Twa, popolo praticamente
scomparso nonostante sia ancora vivo, nel senso che nessuno lo
considera. E' un caso interessante di interiorizzazione
dell'inferiorità: dal punto di vista dei Twa tutti, Tutsi e Huto, sono
superiori (e definiti con i termini cerimoniali di "nonno"
indipendentemente dall'età) ed è considerato normale essere sfruttati.
Sarebbe interessante interpretare nel loro caso il valore del termine
razzismo dal punto di vista nativo.
I Twa ebbero un momento di importanza quando agli albori delle missioni
nell'area del Burundi i Piccoli Padri Bianchi si rivolsero a loro, in
quanto "ultimi" per le conversioni, ottenendo buoni successi, sino a che
poi considerazioni politiche portarono anche i missionari a rivolgersi
ai gruppi dominanti. I Twa hanno subito il massacro, al pari degli altri
nell'area, evitando però, a differenza di altri, di parteciparvi, ma
nessuno li ha considerati.
m.
Maurizio Pistone
2010-02-20 09:46:36 UTC
Permalink
Post by OndaMax
la "resistenza" all'assimilazione
questo è vero: l'ostinazione degli Ebrei a non integrarsi per quasi due
millenni fu il motivo della loro ghettizzzione.

Ma è anche vero che in Germania le vittime dell'Olocausto non erano
uomini in palandrana coi riccioli che spuntavano dal cappello, ma
cittadini perfettamente integrati, medici, farmacisti, gioiellieri,
ragionieri, architetti ecc. che nessuno avrebbe saputo distinguere ad
occhio dagli "ariani", e che, in gran parte, essi stessi non avevano più
chiara coscienza di che cosa volesse dire essere "ebreo".

La stessa cosa capitò agli ebrei italiani, integrati, e quindi di fattto
disebreizzati, fin dall'età risorgimentale.

=====

"Che cos'è un Ebreo? Un Ebreo è uno che a Natale non fa l'albero, e che
quando mangia il prosciutto cerca di non farsi vedere" (Primo Levi)
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OndaMax
2010-02-21 12:10:34 UTC
Permalink
"Maurizio Pistone" ha scritto nel messaggio ...
Post by Maurizio Pistone
Post by OndaMax
la "resistenza" all'assimilazione
questo è vero: l'ostinazione degli Ebrei a non integrarsi per quasi
due millenni fu il motivo della loro ghettizzzione.
Ma è anche vero che in Germania le vittime dell'Olocausto non
erano uomini in palandrana coi riccioli che spuntavano dal
cappello, ma cittadini perfettamente integrati, medici, farmacisti,
gioiellieri, ragionieri, architetti ecc. che nessuno avrebbe saputo
distinguere ad occhio dagli "ariani", e che, in gran parte, essi
stessi non avevano più chiara coscienza di che cosa volesse dire
essere "ebreo".
Già, è vero. Quella però non è più la fase di formazione del processo ma la
sua combinazione con ragioni ideologiche. Il nazismo porta l'antisemitismo
alle sue conseguenze estreme ma non lo inventa, lo assimila da correnti
culturali già mature, lo identifica via via con i presunti "nemici" della
Germania (giudeo-massonici, giudeo-coministi, pluto-giudaici). lo adatta al
suo disegno politico. Sfrutta insomma un pregiudizio che non si forma in
quel momento, ma che è già radicato nella (o in una certa) cultura tedesca.
Al di la della diversità fisica, gioca sul sull'alterità culturale e sul
sospetto, alludendo a complotti e macchinazioni (rituali, politiche ed
economiche) che l'ebreo metterebbe in pratica nella segretezza delle sue
mura domestiche.

Ciao
OndaMax
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